Il saggio di Mario Del Pero su gli Stati Uniti e il mondo nell’era Trump, come recita il sottotitolo, ha un titolo inquietante: Buio americano. È un’epoca buia, quella trumpiana, e Del Pero lo sottolinea fin dalle prime parole. Il testo si divide in tre capitoli: Spiegare Trump e il trumpismo; Imperialismo, sovranismo e interdipendenza, sulla politica estera di Donald Trump; Immigrazione, politiche economiche, nemici interni, che analizza lo slittamento autoritario degli Stati Uniti sotto Trump. Nel primo capitolo l’autore ricostruisce gli ultimi decenni della storia americana, indicandone alcune caratteristiche costanti: il razzismo che pervade la società, la discriminazione, il suprematismo. Gli Stati Uniti hanno rappresentato, nel secondo Novecento, il sogno della classe media bianca: benessere, consumi elevati, casa di proprietà, famiglia. È proprio la classe media bianca ad aver avvertito con maggior forza l’impatto della crisi del sistema capitalistico, prima con l’indebitamento massiccio, allo scopo di incrementare i consumi e l’apparente soddisfazione della popolazione, poi con l’esplodere della bolla e la conseguente, gravissima crisi degli anni 2007/08; l’ascesa alla presidenza di Barak Obama in quello stesso anno e il suo programma di riforme volte a venire incontro alle difficoltà dei ceti più svantaggiati (si pensi ad esempio alla riforma sanitaria, sarcasticamente definita Obamacare) e i programmi di inclusione nei confronti di persone disabili, minoranze etniche e donne hanno contribuito a far sentire esclusi e bistrattati proprio quei bianchi della classe media che si erano sempre ritenuti protagonisti e che improvvisamente si sentirono a loro volta discriminati e marginalizzati. La rabbia del ceto medio bianco americano ha portato alla prima vittoria elettorale di Donald Trump nel 2016 e, dopo la disastrosa presidenza Biden e l’incapacità del Partito Democratico di proporre candidati autorevoli e carismatici, alla seconda affermazione di Trump nel 2024.

Fin dai primi mesi, la seconda presidenza Trump si è distinta per la grande determinatezza  e aggressività mostrata dal presidente, che ha rilanciato e accentuato alcuni elementi che già caratterizzavano la precedente, primo fra tutti l’obiettivo di “rendere l’America di nuovo grande” grazie alla riduzione della dipendenza economica e finanziaria da Paesi esteri e il tentativo di operare una massiccia reindustrializzazione. Obiettivi in gran parte velleitari, che non potrebbero realizzarsi prima di almeno un decennio, ma al tempo stesso slogan buoni a entusiasmare una parte della popolazione. Una notevole differenza si è notata invece in politica estera, con un atteggiamento aggressivo e imperialista che il primo Trump non aveva ancora evidenziato. Minacce di aggressione nei confronti di nazioni sovrane, politica dei dazi mirata a ricattare Paesi terzi in modo che si adeguino alle richieste USA, umiliazione e sottomissione crescente dell’Europa, oltre al volersi intestare il ruolo di mediatore e possibile pacificatore, con metodi molto spicci, non rispettosi della sovranità degli Stati e in gran parte fallimentari, per tutte le crisi internazionali. Ma è nella creazione del nemico interno e nella lotta senza quartiere contro di esso che Trump dà il meglio (o il peggio) di sé: dopo aver creato una narrazione in base alla quale gli Stati Uniti sarebbero preda di spietati criminali, colpevoli di immigrazione clandestina, spaccio di droga, crimini violenti e disordini tali da creare, a suo dire, situazioni ingestibili in molte grandi città e nelle aree rurali e industriali, Trump ha dispiegato l’esercito , la Guardia Nazionale, i marines e il famigerato ICE per arrestare, incarcerare, espellere immigrati, studenti universitari rei di contestazione e attivisti di diverse formazioni politiche da lui etichettate come terroriste.

Donald Trump ha anche tagliato gran parte dei finanziamenti per programmi di inclusione, di aiuto alimentare, assistenza sanitaria, borse di studio sia all’interno del Paese sia all’estero. Ha agito con un sistema di decretazione d’urgenza completamente al di fuori del controllo del Congresso e rispolverando leggi vecchie di cento o duecento anni, nate ai tempi della guerra d’indipendenza o della guerra civile, oggi assolutamente fuori contesto. E sebbene i tribunali locali si siano impegnati per annullare molte sue delibere e provvedimenti, la Corte Suprema, nella quale siedono in maggioranza fedelissimi trumpiani, ha quasi sempre ripristinato le decisioni che le corti statali avevano contestato. Tutto ciò dipende anche dal fatto che la Costituzione degli Stati Uniti, la più antica del mondo, è oggi obsoleta e del tutto inadeguata alla realtà moderna e a un Paese grande e complesso come l’America. L’unica via di uscita, per come la vede Del Pero, sta in un cambiamento che parta dal basso, da una presa di coscienza dell’elettorato che lo porti a scelte diverse fin dalle prossime elezioni di mid-term. Sarà sufficiente?

All’inizio di ogni capitolo l’autore riporta il testo di un messaggio pubblicato da Trump sul suo social Truth, vergato nel linguaggio aggressivo e al tempo stesso puerile che caratterizza le esternazioni del Presidente. “Buona Pasqua a tutti, compresi i pazzi della sinistra radicale che stanno lottando e tramando con tutte le loro forze per riportare nel nostro Paese assassini, signori della droga, prigionieri pericolosi, malati di mente, membri della gang MS-13 e picchiatori di mogli. Buona Pasqua anche ai giudici e alle forze dell’ordine deboli e inefficaci che stanno permettendo che questo sinistro attacco alla nostra nazione continui, un attacco così violento che non sarà mai dimenticato!”, questi gli auguri rivolti da Trump ai suoi concittadini per la Pasqua 2025.

3 risposte a “Buio americano, di Mario Del Pero (Il Mulino, 2025) Recensione di Marisa Salabelle”

  1. […] Buio americano, di Mario Del Pero (Il Mulino, 2025) Recensione di Marisa Salabelle […]

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  2. Che si tratti di obiettivi velleitari e destinati a realizzarsi (forse) tra un decennio lo capisce un europeo con i piedi per terra e il senso della realtà. Gli americani invece hanno un’indole sognatrice e un senso di onnipotenza che li inducono a pensare di poter raggiungere qualsiasi obiettivo con uno schiocco delle dita, quindi la parola “velleitario” non fa proprio parte del loro vocabolario.Riguardo all’espulsione degli studenti universitari stranieri, come sa io sono contrario esclusivamente all’immigrazione illegale: loro invece erano arrivati in America regolarmente, quindi a mio giudizio è sbagliato rimpatriarli. Nonostante ciò, trovo logiche (non condivisibili, solo logiche) le argomentazioni a difesa di Trump addotte in quest’articolo: https://www.orientamento.it/le-ragioni-dietro-la-stretta-di-trump-sulle-universita-americane-una-sintesi/

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  3. A quanto ho capito io gli americani d’oggi sono molto meno sognatori, al contrario, sono amareggiati e delusi. La stessa analisi che fa Del Pero l’aveva fatta anche un altro autore che ho letto, Cinquecento anni di rabbia di Francesco Filippi, usando il personaggio di Homer Simpson per spiegare come il sogno americano, specialmente degli americani maschi bianchi di classe media, sia fallito. Per questa ragione tanti hanno votato Trump: perché hanno creduto alla favola del MAGA. Chissà se se ne saranno pentiti, o se se ne pentiranno…

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