1933 – 1967

Vera icona della sensualità hollywoodiana più platinata, grazie a un fisico prorompente e a una bellezza che non passava inosservata, tra gli anni ’50 e ’60 è stata proposta come alternativa a Marilyn Monroe, senza peraltro mai arrivare a scalfirne il primato. Non è mai riuscita a prenderne il posto, ma ne ha condiviso il destino maledetto. Di lei si ricordano soprattutto il fisico esplosivo e la bellezza esibita sempre con generosità e disinvoltura, ma pochi sanno che dietro la sua circonferenza toracica esagerata si celava una donna intelligente e colta, con un quoziente intellettivo superiore a quello di Einstein, che parlava cinque lingue e nel tempo libero leggeva Shakespeare e Dostoevskij, ma di nascosto, per non intaccare la sua fama di oca giuliva che le avevano appioppato, e che a lei andava benissimo.

Il suo vero nome era Vera Jayne Palmer. Nasce il 19 Aprile 1933 in una piccola cittadina della Pennsylvania, e la sua infanzia fu segnata dalla morte improvvisa del padre quando aveva appena tre anni e dalla precocità della sua intelligenza, che le fece apprendere con facilità lo studio del violino, tanto che a sette anni si esibiva come piccola artista di strada. Fu precoce in tutto: nell’esibizionismo, nel desiderio spasmodico di piacere, nell’ambizione incontrollata di raggiungere la fama ad ogni costo e nella voglia di diventare madre. A differenza di Marilyn realizzò il suo sogno, anche se con gli uomini sbagliati, ma fu madre affettuosa e responsabile di cinque figli. A 17 anni sposò Paul Mansfield, di cui conserverà il cognome anche dopo il divorzio, perché riteneva che fosse quello giusto per sfondare. Si trasferì poi ad Austin e si iscrisse contemporaneamente all’Università del Texas a studiare Fisica e al Dallas Institute of the Performing Arts dove seguì le lezioni di recitazione di Baruch Lumet, padre del futuro regista Sidney.

Non si può dire che le lezioni siano servite a molto, perché di certo non si fece strada per la sua bravura, ma era estremamente ambiziosa e desiderava sfondare ad ogni costo. A 15 anni aveva chiamato il centralino della Paramount e alla centralinista che le chiedeva cosa desiderasse, aveva candidamente risposto: «Diventare una star». Riuscirà a diventarlo sfruttando la sua bellezza con un pizzico di opportunismo. Partecipa ai più famosi concorsi di bellezza e si fa immortalare sulle pagine di Playboy, che grazie a lei vende milioni di copie. Dopo il fallimento del primo matrimonio si unisce a Mickey Hargitay, un culturista ungherese, già Mister Universo 1955, con il quale prende parte a film non memorabili, e si esibisce in spettacoli erotici. Tutto pur di farsi notare. Ma con lui fa anche qualcosa di buono, tre adorati figli, che non trascurerà mai, neppure una volta diventata finalmente famosa.

Firma un contratto con la 20th Century Fox e appare in alcune pellicole accanto a Joan Collins e Cary Grant, ma quando arriva la grande occasione di recitare da protagonista accanto a James Stewart in Una strega in Paradiso, viene sostituita da Kim Novak perché in attesa del secondo figlio, Miklós Jeffrey. Nel frattempo continua a cercare di farsi notare puntando tutto sul suo corpo, perché capisce che il pubblico è più interessato a quello che al suo cervello. Così si finge un’ochetta, si diverte ad ancheggiare per strada in abiti aderentissimi, per la gioia dei paparazzi, e orchestra finti incidenti con spalline che scivolano, scoprendo inavvertitamente il seno, o gonne che si alzano al primo colpo di vento, mostrando biancheria intima ridottissima, se non inesistente. La sua smania di essere ammirata a qualunque costo la convince ad apparire completamente nuda nel film Promises! Promises! (primo nudo integrale nella storia del cinema) che ebbe un grande successo commerciale e le fece guadagnare centinaia di copertine di giornali.

Era la diva più paparazzata dopo Marilyn e Liz e a lei questo importava: il successo, gli autografi, la bramosia degli uomini, le copertine dei giornali. Tutto questo costituiva la sua droga. Quella vera sarebbe arrivata più tardi. Insieme al marito aveva acquistato una villa da 40 stanze a Beverly Hills, ribattezzata Pink Palace dove tutto era stucchevolmente rosa, con vasca da bagno, piscina e persino il caminetto a forma di cuore, e piccoli cupidi ovunque, che scagliavano frecce fluorescenti color rosa. Qui accoglieva i fotografi indossando vestaglie trasparenti di chiffon, con la biancheria intima ridotta al minimo, e sdraiata su pelli di leopardo rilasciava interviste in cui affermava di fare il bagno nello champagne. Era tutto costruito ad arte.

Quando Oriana Fallaci andò a incontrarla per un’intervista, la definì sull’Europeo la ragazza più simpatica, più sincera e più incompresa d’America, non facendosi ingannare dall’immagine della svampita tutta curve. Ma il successo tanto atteso durò poco. Jayne divorzia da Hargitay e sposa Matt Climber, dal quale ha il suo quinto figlio, ma il matrimonio naufraga presto. Si unisce all’avvocato che le cura il divorzio, Sam Brody, ma questi era un disgraziato nullafacente che la inizia alle droghe, sperpera al gioco i suoi soldi e compra Rolls-Royce firmando assegni a vuoto. Una scelta sbagliata dietro l’altra, la sua carriera cinematografica si avvia all’inesorabile declino: la Fox rescinde il contratto, a Hollywood le chiudono le porte in faccia e finisce in Italia a girare film come L’amore primitivo, con Franco e Ciccio.

Ben presto si riduce a fare serate in strip-club in cui si esibisce in abiti succinti, cantando e raccontando storielle piccanti di fronte a un pubblico rumoroso e sguaiato. Finché il 28 giugno 1967 il destino mette la parola fine a tutti i suoi sogni e alle sue aspirazioni: Jayne muore tragicamente, a 34 anni, in un incidente d’auto, in cui i suoi tre figli, che portava sempre con sé, rimangono fortunatamente illesi. Segnati per sempre da quella sconvolgente esperienza e dalla morte tragica della loro mamma, ma salvi. Dopo la sua morte, al paraurti posteriore dei semirimorchi fu aggiunta un’estensione per impedire alle auto di infilarsi sotto i camion in caso di collisione. Queste barre furono chiamate barre Mansfield.

E la piccola Mariska, che in quel 1967 aveva tre anni ed era sul sedile posteriore dell’auto, ora è diventata un’attrice affermata da 12 milioni di dollari a cachet, beniamina di una delle serie TV americane più seguite, vincitrice di Golden Globe e Emmy Award: è lei, infatti, la detective Olivia Benson di Law & Oder – Unità vittime speciali che interpreta dal 1999. Ha lo stesso sorriso della sua bellissima e sfortunata mamma, ma per fortuna non la sua dannazione. E proprio Mariska le ha dedicato il documentario My Mom Jayne, uscito nel 2025, con cui cerca di svelare chi fosse davvero l’attrice, la donna e soprattutto la madre che non ha mai conosciuto.

«La perseveranza e l’impegno aiutano molto, ma una sesta di reggiseno aiuta ancora di più»

FONTI: IMDb – agenziacomunica.net

2 risposte a “Jayne Mansfield, la svampita geniale by Raffa”

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