Ci sono libri che entrano nella tua vita in punta di piedi e altri che spalancano la porta con un turbinio di sacchetti variopinti, profumo di vetrine appena allestite e un entusiasmo che ti trascina per il bavero. I Love Shopping di Sophie Kinsella appartiene, senza esitazioni, alla seconda categoria.

La notizia della sua scomparsa a soli cinquantacinque anni ha lasciato un nodo in gola a chi, come me e le mie figlie, aveva trovato nelle sue pagine un piccolo porto di leggerezza. Non la leggerezza che scivola via, ma quella che ti regala un sorriso anche quando la giornata ha deciso di fare capricci. In fondo, Kinsella non scriveva solo storie. Creava compagnia.
L’irruzione di Becky Bloomwood nelle nostre vite

Nel mio immaginario, Becky è una raffica di entusiasmo che arriva da un cielo perfettamente azzurro e ti investe con un vortice di buone intenzioni, giustificazioni acrobatiche e shopping terapeutico (che terapeutico lo è davvero, a patto che la banca non venga a bussare alla porta). Chi non è stato vittima della consolazione dello shopping dopo una delusione o una arrabbiatura?
Becky è quella persona che conosciamo tutti: brillante, affettuosa, adorabile e perennemente nei guai. Il suo grande dono? Rendere epico ciò che normalmente sarebbe solo imbarazzante. E trasformare l’errore in una forma di slancio creativo. Non sarà un modello finanziario, ma sulla resilienza ci dà lezioni da anni.
Prima di Becky avevamo conosciuto Bridget Jones, uscita dalla penna di Helen Fielding, una madrina per tutte le eroine imperfette e irresistibili. Le due protagoniste non si assomigliano nei modi, ma condividono quell’alchimia perfetta di autoironia, disastri sentimentali e un talento speciale nel trasformare l’imbarazzo in epica quotidiana, e la capacità di raccontare l’imperfezione con allegria.
Con Becky, Kinsella contribuì a creare un vero e proprio canone del contemporaneo femminile, dove il glamour conviveva con i disastri quotidiani e dove l’umorismo aveva finalmente il posto d’onore.
E poi arrivò il film, con i suoi colori saturi e una Becky cinematografica che oscillava tra il caos e la brillantezza. Qualcuno lo ha amato, altri meno, ma tutti sono stati d’accordo su una cosa: Becky aveva ormai messo radici nell’immaginario collettivo.

Sophie Kinsella aveva un talento speciale: camminare sulla linea sottile tra comicità e tenerezza senza mai inciampare. Ogni suo romanzo sembrava una chiacchierata con un’amica che sa quando farti ridere e quando accarezzarti il cuore con una frase che resta.
Nel ripercorrere la sua carriera, impressiona la quantità di vite che ha toccato. Lettrici e lettori che magari non si somigliavano per nulla, ma che avevano in comune quella piccola cosa luminosa che si chiama affetto narrativo. Quando ami un autore non solo per ciò che scrive, ma per ciò che ti fa provare, la sua scomparsa pesa un po’ di più.
Oggi, nel mio piccolo angolo digitale, saluto Sophie Kinsella con il rispetto che si deve a chi ha saputo trasformare la vita quotidiana in un palcoscenico scoppiettante. Ci ha regalato risate, goffaggini deliziose, romanticherie senza zucchero e personaggi che sembrano pronti a citofonare per offrirti un tè.
E mentre chiudo questo articolo, mi viene spontaneo immaginare Becky che osserva dall’alto con un’espressione tra il commosso e il tentato… perché sì, in fondo questo evento merita un giro di shopping per consolarsi.
Grazie, Sophie. Per le risate, per la leggerezza, per la grazia con cui hai raccontato noi tutti attraverso una ragazza con troppi scontrini nella borsa e un cuore vasto come un centro commerciale a tre piani.






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