Fuori e dentro il freddo che sento è lo stesso.
Ho paura, sai ho una sciocca paura, nessuno verrà a raccogliere nuovamente altri pezzi, non ci saranno altri muri che sentirò casa, e la cosa migliore è che questo sarà giusto, e la cosa peggiore è che questo sarà giusto: resto fermo, anche disinvolto, freddo, sono scomposto in cento vite che ancora aspettano in cento vie diverse persone che non sono mai arrivate, forse per destino, forse per un solo minuto, per colpa di un angolo cieco, di un tram nella visuale al momento propizio, di una stringa slacciata, di una vetrina ben allestita, per questioni irrisorie come scuri occhiali da sole, cellulari, pose. I nostri occhi non si sono reciprocamente impressi, espressi, nemmeno i nostri probabilmente, i miei ed i tuoi con cui ora forse leggi, magari per noia, o forse distratto.
Respiri sprecati, mai uditi, mai inalati, esalati, solo numeri di lotterie passate, non estratti, non abbinati, e la cosa migliore è che questo è giusto, e la cosa peggiore è che questo è giusto.
Fuori e dentro il freddo che sento è lo stesso, è il peggior momento, come camaleonte indifferente allo sfondo grigio spento o azzurro terso, sfrego forte le mani sui jeans cercando attrito, fastidio, solo per scoprire qualche grado di distacco.

13 risposte a “Post Cit. by Simon James Terzo”

  1. Questo sì, caro Simon, che ci dice com’è l’uomo da sempre, non solo oggi che ha jeans su cui sfregarsi le mani. Forse prima era il viso in un tentativo di trovare umanità in se stesso. Ora sono i jeans ma non ha più mura che gli facciano da casa. I muri sono adesso quelli del pianto e della solitudine, che tu hai ben tracciato con le tue parole e il tuo sentimento sottolineando le profonde contraddizioni.

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    1. Ti ringrazio caro Marcello, questa tua attenzione e questa tua sensibile analisi al messaggio amplificano enormemente il loro significato, come una cassa di risonanza gli danno la vibrazione profonda esatta, che ho cercato, intimamente e realisticamente(non senza patimento) di trasmettere. 🙏🏻

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      1. Grazie a te, caro Simon 🙏. Un abbraccio 🤗🙏

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  2. Un abbraccio che ricambio con grande piacere 🤗

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  3. Ciao Simon. Chissà quanti leggono davvero quello che scriviamo… chissà quanti ascoltano davvero quello che diciamo. Che meraviglia guardarsi negli occhi

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    1. Poni uno di quei quesiti che davvero arrovellano il cervello, mi è impossibile non considerare ogni volta questa cosa. Più che amletica, mi ripeto di non farlo ma cado sempre nello stesso errore, basta un attimo e una lettera diventa un dizionario. Hai ragione, guardarsi negli occhi è una cosa meravigliosa, è quella strana cosa che sembra esserci tutta una vita dentro, una persona, senza bisogno di proferire parola.
      Ciao Marcella, grazie!

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  4. Io dico sempre che le parole fluttuano talmente vere nelle nostre teste che prima o poi diventano reali, e in fondo, e proprio dentro di loro che esistiamo. Poi, quando queste parole diventano un canto, allora, tutto ciò che ci circonda diventa una melodia dove trovare di tutto: rabbia, passione, dolcezza, vita, gioia, disperazione, riscatto, epifania, poesia. Forse è per questo che noi siamo felici!

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    1. Ho bene in testa cos’è per me quello che tu hai scritto qui, questa magia che hai tracciato, ha una parola ma credo mi stia sfuggendo tra i denti e la lingua. Io la inciderei sulla pietra, su una tavola di pietra…mi sfugge, ma credo che tu l’abbia bloccata e capita.
      “Forse è per questo che noi siamo felici!” mi strugge, felice.
      Grazie Antonio 🙏🏻

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    1. Sono rimasto lì, su quei tre puntini tutto il tempo dal “Mi piace” ad adesso…non so come, come sono comodo, un po’ in bilico.

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      1. Scusami, era notte fonda e forse un po’ stanca. Mi ero soffermata sulle tue ultime parole riguardanti il jeans su cui sfregavi le mani e lo scritto di Gregory Corso. E mi ero lasciata andare a immaginare una vita che non ha bisogno di sentirsi vivere per essere viva (scusa il pasticcio di parole), un po’ come capita agli animali, alle piante.. ti immagini che libertà ?
        Come sempre mi piacciono le poesie, ora anche di più.

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      2. Ma ci mancherebbe, non devi scusarti di nulla!
        Quello che hai tratto, immaginato, dimostra esattamente quando un lettore è talmente acuto da trovare un senso che era scritto tra le righe, in questo caso fuori dal “foglio” addirittura.
        Sì, lo immagino, e sai qual è la cosa più strana con cui mi trovo a fare i conti? La memoria. È impossibile avere memoria di una pianta o di un animale, non lo sono mai stato che io ricordi, così come un primitivo, giusto? Dovrebbe esserlo credo, impossibile. Eppure non è solo un immaginare, è un ricordare, un sentire, una convinzione di conoscere personalmente quello che invece non dovrei né conoscere né ricordare. Quella libertà, come dici bene tu, questione che non ci compete minimamente più ormai.
        Spero di essermi spiegato decentemente, si potrebbe fare un discorso abnorme sulla domanda che ti sei posta e mi hai posto, ho cercato di sintetizzarlo il più possibile.
        Grazie per aver colto il “fuori pagina”.

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