Fuori e dentro il freddo che sento è lo stesso.
Ho paura, sai ho una sciocca paura, nessuno verrà a raccogliere nuovamente altri pezzi, non ci saranno altri muri che sentirò casa, e la cosa migliore è che questo sarà giusto, e la cosa peggiore è che questo sarà giusto: resto fermo, anche disinvolto, freddo, sono scomposto in cento vite che ancora aspettano in cento vie diverse persone che non sono mai arrivate, forse per destino, forse per un solo minuto, per colpa di un angolo cieco, di un tram nella visuale al momento propizio, di una stringa slacciata, di una vetrina ben allestita, per questioni irrisorie come scuri occhiali da sole, cellulari, pose. I nostri occhi non si sono reciprocamente impressi, espressi, nemmeno i nostri probabilmente, i miei ed i tuoi con cui ora forse leggi, magari per noia, o forse distratto.
Respiri sprecati, mai uditi, mai inalati, esalati, solo numeri di lotterie passate, non estratti, non abbinati, e la cosa migliore è che questo è giusto, e la cosa peggiore è che questo è giusto.
Fuori e dentro il freddo che sento è lo stesso, è il peggior momento, come camaleonte indifferente allo sfondo grigio spento o azzurro terso, sfrego forte le mani sui jeans cercando attrito, fastidio, solo per scoprire qualche grado di distacco.






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