Questa intervista con Simon James Terzo è uno dei miei compiti Masticadoresglobal, in questi giorni nella parte in lingua inglese stiamo (e sto) intervistando una parte dei poeti degli Stati Uniti, e ho pensato, a questo accattivante poeta italiano, e direttore di MasticadoresItalia, con il quale devo confessare che molte volte quando prendo un caffè sulla Rambla, chatto con lui tramite WhatsApp. Con voi la mia prima domanda, (verrà pubblicata anche in spagnolo su Masticadores.com)

J. Re crivello: Parlami del tuo personale percorso di scrittura. Perché scrivi?

Simon James Terzo: La ragione è una: la necessità interiore. È solo questa la ragione per cui scrivo. La mia scrittura è un atto puramente primitivo, fisiologico, più simile alle tag sui treni, più simile ai post-it sui comodini, alle liste della spesa o ai taccuini del tenente Colombo, più simile a questo che a un intellettuale alla sua costosa scrivania. Probabilmente quindi questo è “il torto con cui scrivo”. È anche per questo che, in parte ironicamente, definisco la mia poesia come una “poeresia”.

È un atto naturale, non bado a come apparirà, a cosa si potrà trarre da questo, questo per me è compito di un lettore. Dico che un lettore, giunti al dunque, è addirittura più importante dello scrittore stesso. Tutto è nelle sue mani, nella sua empatia, uno scritto può mantenere il suo valore, può addirittura prendere ulteriore valore, oppure può miseramente perderlo del tutto. Come si dice dell’esistenza di scrittori bravi più di altri, così allora, per me, bisognerebbe dire dell’esistenza di lettori bravi più di altri. E non sarà una qualche accademia a valutare questo.

J.R.C.: Cosa accende la tua poesia (ad esempio, esperienze di vita, spunti)?

S.J.T.: Ci sono impurità che si sono accumulate dentro di me, impurità incomprese che si accumulano e stratificano ogni giorno. Restano lì, a volte anni, a volte solo ore, è come ingoiare 99 tessere di un puzzle di 100 pezzi. Rimangono lì dentro di me in attesa del centesimo. È un meccanismo ineluttabile. Quando incontro, ed ingoio, questa centesima tessera il puzzle si completa. Questo è il momento esatto in cui scrivo. A volte è una semplice frase che una persona mi dice, un bicchiere che cade, una zanzara sul braccio, un profilattico a terra in qualche parcheggio. Può essere qualunque cosa in un qualsiasi momento, anche la più piccola e apparentemente insignificante . Ogni cosa può accendere la mia poesia, può essere quella tessera, così come ogni cosa può non esserlo.

J.R.C.: Cosa ti ha spinto ad iniziare?

S.J.T.: La prima spinta è arrivata quando andavo alle scuole medie. Per un compito in classe d’italiano, un tema libero, scrissi la storia di un paio di scarpe di poco valore, ai piedi del suo padrone, che cercava inutilmente di farsi amiche scarpe di marca, dal grande valore, ai piedi dei loro padroni. Presi il voto più alto possibile, i complimenti della maestra, mi mandarono a leggerlo davanti a tutti nelle altre classi paritarie delle altre sezioni. Mi vergognai come un ladro per questa cosa, forse più che se avessi preso l’ennesima tirata sufficienza. La presi così, me la portai immotivatamente dietro per tutto il terzo anno come una croce, come fosse il peggior dispetto che potessi ricevere. Riguardando la cosa nel tempo, e in questo momento, mi sembra il punto d’inizio assoluto del mio scrivere, e quindi del mio essere. L’anno successivo scoprii la musica. Il Punk Hardcore, la scena impetuosa di fine anni 80. Cominciai a scrivere, disegnare a collaborare a creare fanzine, formai una band in cui cantavo e scrivevo testi. Ecco, leggere i testi di quei gruppi musicali e scrivere i miei testi musicali per la band fu il secondo punto fondamentale del mio scrivere. Questa musica era la mia carne, ma mi lasciava un vuoto, quello nell’anima. A questo pensò magicamente l’arrivo di quello che fu ribattezzato “Grunge”. Terzo e ultimo, almeno da annotare qui, fu la scoperta, appena fuori dall’adolescenza, della Beat Generation. Fu come chiudere un cerchio.

Tutto quello che poi ho vissuto per strada, tra la Babilonia milanese e la periferia padana paranoica con amici che non consiglieresti mai ad un figlio, in situazioni alle volte al limite della logica, la fatica del lavoro nei cantieri edili, quello nella fabbrica come magazziniere, gli amori andati a farsi fottere, la droga che si portava via la testa e la vita delle persone che non riuscivi più a riconoscere, le cento risate per soffocare i cento problemi, tutte queste tessere, le tessere del puzzle che avevo ingoiato e ingoiavo, presero un risvolto totalmente poetico. O meglio, poeretico.

J.R.C.: Hai mai pensato di pubblicare un libro?

S.J.T.:  No. Non l’ho mai fatto. Ho fantasticato su questo, quello sì, l’ho sognato in alcuni momenti quando ero più giovane, ma non ho mai pensato di farlo nella pratica. È andata più o meno così: Vinsi un qualche inutile concorso con un racconto breve e in balia dell’entusiasmo dissi tra me e me: “Voglio pubblicare un libro, devo riuscirci.” Poi mi capitò tra le mani per la prima volta Dostoevskij, Memorie del sottosuolo per la precisione, e dissi tra me e me: “Ha senso pubblicare dopo Dostoevskij?” No, mi risposi di no. Lo dico simpaticamente, sorridendo, ma andò esattamente così.

Non voglio dire che non mi farebbe piacere, semplicemente credo che se un giorno dovrò pubblicare un libro lo pubblicherò, se non dovrò non lo farò, senza rammarico, quello che deve succedere…succede. Non è qualcosa che bramo o per cui farei chissà cosa. Le librerie sono sempre più piene di libri, sempre più uguali e sempre peggio letti, o non letti. Sarebbe come vedere me stesso prendere polvere su una mensola in attesa di un disperato e incondizionato vero amore. È un’immagine che preferisco non avere, una situazione grottesca che preferisco risparmiargli.

J.R.C.: Come valuti la tua esperienza come editore di Masticadores Italia? Ritieni che la piattaforma sia un modo efficace per pubblicizzare nuovi talenti?

S.J.T.: È una grande esperienza, lo dico sinceramente. Per me che fino a settembre dell’anno scorso non avevo quasi nemmeno idea di cosa volesse dire “editore” è stato qualcosa che mi ha sorpreso, spiazzato, un qualcosa che mai avrei pensato di poter fare, né di voler fare. E invece vedi? Se deve accadere…accade, nemmeno sai come è perché.

Sto imparando molto svolgendo questo ruolo, e non parlo solo in relazione alla posizione e al compito di editore, ma sto imparando molto anche di me stesso all’interno di certe dinamiche ambientali che prima semplicemente ignoravo. Sto scoprendo, con sorpresa, oltre al fatto d’essere una cosa non semplice, che è qualcosa che mi piace fare.

Io ritengo di sì, ritengo che sia un mezzo utile e mi entusiasma pensarlo. Uno dei motivi principali che mi hanno convinto ad accettare la tua proposta, dopo la libertà di scelta che mi hai concesso, è stata proprio questa: la convinzione che la tua idea fosse davvero valida, efficace e altamente futuribile. Io stesso, da editore e alla ricerca di scrittori, ho scoperto talenti, ognuno a modo suo, che oggi ho grande piacere di leggere e di ripubblicare.

J.R.C.: Come sei diventato editore di Masticadores Italia?

S.J.T.: In una maniera comune. Ripubblicavi da qualche mese le mie poesie, un giorno mi hai chiesto: “Vuoi provare a fare l’editor?” Ed io, prima di dirti che non avevo la più pallida idea di cosa volesse dire e di cosa avrei dovuto fare, ho risposto: “Sì.” Non so se ci sono arrivato per qualche merito che io non ho compreso e non comprendo nemmeno tutt’ora, non so come sono diventato editore di Masticadores Italia. Questo, Juan, credo lo sappia tu. Però sono contento di esserlo diventato.

J.R.C.: Cosa stai scrivendo ora?

S.J.T.: Sto scrivendo le risposte per questa intervista. Non è cosa da poco per uno come me. Per me, quello che sto scrivendo ora, vale una poesia, un libro di 1000 pagine, una biblioteca intera. Scrivere, così come parlare, è per me importante sempre, anche in una email o in un normale messaggio Whatsapp. È importante, è quello che mi ha salvato, dalla prima maiuscola all’ultimo punto.

Ho finito da poco di scrivere una prefazione, la mia prima ed impensata, un’altra cosa per me assurda, un’altra cosa per cui sentirmi un po’ orgoglioso e un po’ imbarazzato. Una cosa forse piccola per molti di voi, ma per me…gigantesca. Per ora non aggiungo altro, a tempo debito pubblicherò sul mio blog di questa cosa.

J.R.C.: Hai nuovi progetti in mente e, se sì, quali sono?

S.J.T.: Ho sempre qualcosa in mente, anche troppo. Sarà che sono Acquario, ma sto bene a galleggiare nell’aria. Quando mi chiedono: “Perché fumi?” Rispondo: “Per ricordarmi di avere la carne, le ossa, di essere materia, per tenere i piedi attaccati alla terra, perché se no me lo scordo.”

Ho dei progetti, credo sia importante, se non essenziale, avere dei progetti, ma come per la questione precedente sul pubblicare un libro: se deve accadere…

Ne ho diversi, ma non dirò quali perché sono allo stato larvale e alcuni sono molto personali, altri non inerenti alla scrittura o alla cultura, per altri proverei imbarazzo. Poi sono scaramantico.

Però un progetto a cui penso ultimamente e su cui mi piacerebbe lavorare in futuro è la trasposizione in una “qualche sostanza” delle mie fotografie del blog Random Informal. Fotografie che sono una ricerca estetica dell’arte informale, concettuale, spazialista e astratta. Un tipo di arte e di ricerca a cui sono particolarmente legato.

J.R.C.: Vuoi aggiungere qualcosa?

S.J.T.: Voglio ringraziare te, Juan, per l’intervista e per tutto il resto, vorrei ringraziare la grande famiglia di Masticadores e ringraziare di cuore tutti quelli che sono arrivati con interesse a leggere fino a qui.

26 risposte a “Simon James Terzo: “Quando incontro, ed ingoio, questa centesima tessera il puzzle si completa. Questo è il momento esatto in cui scrivo”.”

  1. Intervista meravigliosa, molto intima. Capisco perfettamente il percorso di Simon e mi ci rivedo…Grazie di cuore!🎩

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    1. Come sai seguo il tuo interessante blog, dove leggendo del tuo di percorso, tra idee, musica e pensieri dei tuoi post, avevo già ben più di un indizio su questo. Questo tuo commento ne è la conferma. Grazie di cuore a te! 🙏🏻☺️

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      1. Chi si assomiglia si piglia, Simon…✊️

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  2. Gracias de nuevo Juan 🙏🏻 Me alegro que hayas publicado la foto con la “lengua grande 😝” 😬
    Un abrazo.

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      1. jajaja estoy de acuerdo 😂

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  3. Intervista molto accurata e che lascia che si riveli l’autore, grazie ♥️🐈‍⬛

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  4. […] Simon James Terzo: “Quando incontro, ed ingoio, questa centesima tessera il puzzle si completa… […]

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  5. Davvero una bella intervista che ci dà modo di approfondire la tua conoscenza e apprezzare la sensibilità che metti in tutto quello che fai. Il ruolo di editore ti si addice molto! quello di poeta ancora di più….
    grazie anche a Juan che anima questa grande famiglia

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    1. Ciao Pina, grazie di cuore 🙏🏻 sei troppo gentile. Già il non risultare indegno è una cosa che mi solleverebbe, addirittura sapere che mi si addice è qualcosa di assurdo e impensabile. Ovviamente questo mi rende un tantino orgolioso 😬
      Buona serata!

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      1. Non sottovalutarti!! stai facendo un buon lavoro, e te ne siamo grati

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      2. Ho lo spaesamento e la commozione facile su certe questioni…🥲😅
        Pina, grazie!🙏🏻

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  6. Intervista davvero bella! Domande interessanti e risposte sincere e profonde che ci hanno dato modo di conoscere il caro amico Simon un po’ più a fondo

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  7. SJT è così che ti immaginavo e così sei. Resta il fatto del pubblicare… io credo che tu abbia uno stile davvero tuo, quindi, anche se siamo sommersi da una cascata continua di nuovi autori (ed è solo a causa di politiche di marketing editoriali davvero tristi) dovresti ingoiare quella centesima tessera. Anche se adesso sei editor…✍️🪭

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    1. Marcella, cosa posso dire? Prima di tutto: Grazie 🙏🏻 per queste parole e per avermi immaginato così come sono. Mi fa piacere che si riesca ad intravedere quello che sono, perché sono “aperto” ma questo non implica necessariamente dare/avere un riscontro. “politiche di marketing editoriali davvero tristi” hai detto tutto, in maniera realistica e splendidamente incisiva tra l’altro 🙂
      Ingoio centesime tessere con una certa frequenza, devo far attenzione alle indigestioni, però chissà…

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      1. Io credo tu sia un artista, e dico questo perché, pubblicare in cartaceo è gratificante, incontrare una casa editrice seria e’ gratificante e, nonostante la Babilonia un po’ fatua in cui ci si può trovare, c’è bisogno di “bella scrittura“ , C’è bisogno di cultura e idee. Quindi ti auguro il meglio (presto) 🪭

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      2. È un augurio molto bello quello che mi fai, e ti ringrazio. È un augurio che faccio anche a te, per questo, per quello, per ogni cosa.

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  8. sei una persona che ama scrivere e non potrebbe vivere senza scrivere, come mangiare o bere un caffe la mattina. Mi è piaciuto molto leggere questa intervista. Sei nudo, vero. Senza Ego. Come pochi scrittori sono. Davvero un piacere avere a che fare con te.

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    1. Eletta, ciao, sono davvero contento che ti sia piaciuta l’intervista. È piaciuta molto anche a me…”subirla”. Leggerla no perchè non l’ho riletta, altrimenti mi sarei vergognato e avrei passato il tempo a lamentarmi con me stesso per aver detto “questo” e “non quello” 😅
      “Nudo, vero, senza ego. Come pochi scrittori sono.” Il fatto di essere messo tra gli “scrittori” mi imbarazza e mi risulta così assurda. Non sono mai stato in grado di definirmi nulla. Il resto…è così bello, è bello sapere che qualcuno si accorga di questo, e mi sento fortunato di avere la possibiità di leggerlo. Grazie di cuore 🙏🏻 È un piacere anche per me poter avere a che fare con te.

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  9. Di nuovo Caro Simon; anche l’intervista, cosi come accade sempre coi i suoi versi, l’ho dovuta leggere e rileggere più volte perché densa di significati, di spunti, di visioni.

    Per esempio, il mistero di “quello che deve succedere…succede” – “Se deve accadere…accade” – “se deve accadere…” ha un fascino che ci lascia increduli sino a porci la domanda: “io?”

    La risposta la da lei: “è come ingoiare 99 tessere di un puzzle di 100 pezzi. Rimangono lì dentro di me in attesa del centesimo. È un meccanismo ineluttabile. Quando incontro, ed ingoio, questa centesima tessera il puzzle si completa.”

    Novantanove puzzle faticosi da digerire: “cantieri edili… fabbrica…magazziniere, gli amori andati a farsi fottere”; sono loro, a nostra insaputa, a far arrivare il centesimo capace di trasformare tutto in “Poeresie” “Foto” Dipinti” “Arte”.

    A rimarcare che la scintilla non è regalata, non arriva gratis, ma dalla sofferenza dell’artista.

    Trovo poi intrigante, insolito, ma realistico il profilo che lei da al lettore, infine è lui il “critico” che da giustizia alle “Poeresie”.

    Ci sarebbe tanto altro, ma mi fermo qui, aggiungo solo che Juan ci ha visto bene, ha avuto fiuto nell’affidarle l’incarico di “Editore Masticadores Italia“ e noi frequentatori siamo grati a lui e a lei.

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    1. Teresio Bianchessi: “aggiungo solo che Juan ci ha visto bene” Si, coincido contigo. Grazie! Juan

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      1. muchas gracias Juan 🙏🏻 me parece tan absurdo ☺️ Feliz día. un abrazo

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    2. Caro Teresio, buongiorno. Grazie per le preziose e sempre troppo generose parole che mi riserva.

      A riprova della potenza della poesia sincera:
      “…quel che deve accadere/accadrà…” e certo intenderà cosa mi ha ispirato a comprendere la forma, a sintetizzare il senso. È una citazione omaggio… ☺️

      “La scintilla non è regalata” quanto ha ragione anche in questo. Non è affatto regalata, per niente. Il sole ha il suo enorme fascino perchè passa dal buio della notte, e viceversa.

      Sono contento del suo trovare intrigante l’aspetto che sottolineo riguardo al lettore, al suo ruolo, alla sua importanza, cosa di cui sono convinto e su cui ragiono da molto tempo.

      La ringrazio molto (così come ringrazio Juan) nuovamente, anche per la sua fiducia e le sue parole stima e gratitudine riguardo all’incarico da editore. È qualcosa che il solo pensarlo era già molto più grande di quanto potessi mai immaginare.

      Grazie 🙏🏻 e buona giornata.

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