Jean-François Millet – L’Angelus (1858-59) Olio su tela, 55 x 66 cm. Parigi, Musée d’Orsay.

Jean-François Millet (4 ottobre 1814 – 20 gennaio 1875) parlando del suo dipinto, disse di essersi ispirato “semplicemente” alla quotidianità contadina vissuta da ragazzo nella sua famiglia. Sua nonna, continua spiegando, al suono delle campane non ha mai esitato una sola volta, ed un solo istante, ad ordinare di deporre gli attrezzi e a lasciar perdere la terra ed il suo “frutto” per un momento, quello per recitare L’Angelus. Un concetto che Millet esalta straordinariamente bene nell’opera. Tutto si ferma, c’è un eterno silenzio che sembra avvolgere ogni cosa, solo l’evocatico vibrare basso, umile e dignitoso del tono d’una sentita preghiera. Tutto è quiete. Le loro teste chine, il cappello di lui tra le mani in segno di rispetto, quelle di lei giunte a cospetto, i visi e le posture affaticate disegnano egregiamente il ritratto di un’umanità reale, cruda e dolente, non indolente, sempre e comunque indomita, presente e cosciente. Lui, di spalle (non si pensi con fare offeso e sdegnato) ad un chiarore che s’apre divino, angelico (non solo in riferimento alla tecnica) e lei, sulla stessa linea quasi a celarsi maldestramente nella quasi ombra del corpo di lui, entrambi soli, ed insieme, in una profonda confessione. Potrebbe sembrare una costrizione, un volgare e sciocco timore, invece vuol dire libertà.
I piedi poggiano su una terra dura, la forca curva, un campo così grande da lavorare, una cesta con un poco di qualcosa per cui ringraziare, una terra aspra, arida, nessun animale a supporto, nessun grande e “velocizzante” macchinario, non un aratro, ad evidenziare la fatica inevitabile per l’essere umano, ed insieme ad accentuarne il senso di immutata gratitudine. È luce e quindi ombra, Ombra e quindi Luce, olio su tela come aloe su carne. Sagome con una certa nobiltà, in primis d’animo, nonostante il ruolo da contadini vorrebbe per molti dire altro, uno spirito coltivato con fatica e l’abnegazione, come quella terra, non certo loro regalata, mai scontata. Potrebbe sembrare una costrizione, un volgare e sciocco timore ancestrale, invece al dunque, sarà libertà.

Ieri, scorrendo la galleria delle foto sul mio smartphone, ho ritrovato un vecchio screenshot di una notizia datata gennaio 2023:

È stato questo casuale (?) ritrovamente che mi ha spinto al bisogno di guardare nuovamente L’Angelus di Millet. Non è stato un “volerlo guardare” ma un istintivo e prepotente “ritrovarmi a guardare”.
Quanto sarebbe folle, oggi, veder qualcuno fermarsi così, al suono di campane (quasi folle, oggi, già questo) in una circostanza pubblica, per pregare quel Dio esattamente come fanno i contadini dipinti da Millet?
“Che sfigati!”, “Quelli sono pazzi!”, “Ancora non si sono evoluti?!”, “Che ingenui!” “Poveracci!”. Al tempo della privacy. Allo stesso tempo del tutto il peggio merita la luce della ribalta. Tutto in piazza. Non c’è tempo da perdere con queste sciocche credenze, è vero, bisogna sgomitare, obbedire per trasgredire (ora ridere! Ridere!), andare non importa dove, fatturare, far fatturare, prelevare, inutili cose da testimoniare. Non avrai altro dio all’infuori di te! Ma avrai almeno cento padroni con i piedi sopra di te. Noi questo non te lo diremo. Tu non lo capirai. Avrai la sensazione che il tuo cervello sia la cosa più giusta e perfetta possibile, crederai d’esser frutto del tuo genio, del tuo buon ragionamento, senza alcun trapassato remoto, perdendo senza attenzione il tuo libero arbitrio. Come nato in provetta, vivrai su una via perfetta. No, non ho detto retta. Parlerai. Come farà piacere a noi. Consumerai. Come vorremo noi. Penserai. Come ti insegneremo noi. Vedrai. Quello che sventoleremo noi. Non te lo diremo, e nemmeno tu lo vorrai. Magari invece te lo diremo, la sola cosa che non ti berrai.

“Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano.” Matteo 7:13-14.

C’è qualcosa di strano in questa immagine. Qualcosa di troppo. Di erroneo. “Cosa” lo deciderai tu.*

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13 risposte a “Simon James Terzo – L’Angelus e l’Amazon”

  1. Un post favoloso che offre infiniti spunti di riflessione!

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    1. Troppo gentile, Luisa, grazie davvero di cuore! 🙏🏻

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      1. Grazie a te per averlo condiviso!
        Buona domenica🌹

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  2. ciao, hai messo l’accento su questioni molto attuali. il dipinto ferma un momento che, come giustamente sottolinei, non esiste più. al di là della preghiera, quello che colpisce nel quadro è proprio il senso dell’interruzione per dedicare qualche minuto a qualcosa che trascende la contingenza. oggi non ci si ferma, e se lo si fa, si è distratti da altro, si scorre il telefono, si parla. invece fermarsi, dedicare anche solo un minuto a meditare, è una grande risorsa.

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    1. Ciao, sì, è assolutamente una grande risorsa, è vero, credo personalmente sempre più anche l’unica, forse ultima, più grande speranza. Anche al di là della preghiera, certo, io ho usato questa perché questa ha portato Millet alla pittura di questo quadro, e perchè questa è la mia meditazione, la mia radice, la mia decisione. Questo ovviamente non esclude le altre forme. “L’interruzione” è una chiave fondamentale, hai ragione, interrompere per guardare altrove, per vedere davvero l’opera terrena nella sua forma e, in particolare, nella sua deformazione. Grazie!

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  3. “…Come nato in provetta, vivrai su una via perfetta. No, non ho detto retta…”

    Partirei proprio da “provetta” che rende bene l’abisso fra la coppia di sposi di Millet che fatica nei campi e la realtà di oggi; l’abisso tra Angelus e Amazon che Simon marca ricordando anche un crudele screenshot.

    “All’Angelus” io c’ero, la riproduzione del dipinto era presente in quasi tutte le famiglie contadine sino agli anni ‘60, allo stesso modo di quella, nelle stalle, di Sant’Antonio protettore degli animali.

    Ai tempi si nasceva in casa, a volte nei campi, raramente in ospedale, mai in provetta; ora son qui “all’Amazon” un po’ frastornato, inquieto per un futuro impalpabile, virtuale difficile da immaginare.

    Certamente più decifrabile era il mondo “dellAngelus”  attaccato alla Terra, al Cielo, alla Famiglia, una civiltà contadina, quella, che seminava, curava, raccoglieva, produceva con le proprie mani quello che serviva alla casa e di certo non era …una via perfetta, no, era semplicemente “una via retta” fatta di stenti, fatiche sostenute da un profondo rispetto del divino, era quella l’evangelica porta stretta che anche Millet mette in risalto e che amaramente contrasta con l’oggi che Simon intravede e che, bieco, proclama: …Non avrai altro dio all’infuori di te!

    Le scorciatoie, le furbizie per risultati immediati, illusori, quelle han portato alla società stressata che lucidamente è descritta e che purtroppo anch’io vedo e amaramente dubito  sia reale.

    Come uscirne?

    Rispondendo alla domanda finale di Simon: 

    D) “C’è qualcosa di strano in questa immagine. Qualcosa di troppo. “Cosa” lo deciderai tu”

    R) “No, non c’è nulla di strano nella rappresentazione, c’è solo da scegliere e poiché continuo a decidere io con la mia testa, io mi fermo e saranno problemi della “logistica” se non vuol fermarsi”.

    Detto diversamente credo che ognuno di noi, ora come allora, nel rissoso, prevaricante ring della vita ce la farà a patto che trovi “pause”, quelle della nonna di Millet, per mettere in ordine i valori della sua esistenza.

    Forse non è una salvezza “sociale” ma personale credo proprio di sì.

    E la consegna domani entro le 13 aspetti pure.

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    1. Grazie, Teresio, per la sua sempre preziosa memoria e testimonianza di un mondo, un vivere, che sembra così lontano, dimenticato, e spesso fin troppo snobbato, svilito. Grazie per le sue sentite considerazioni.

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  4. buen artículo,,, molto bravo ! Saluti juan

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