C’è un momento, tra fine giugno e inizio settembre, in cui i rovi si fanno generosi: è il tempo delle more, quando l’estate mostra il suo volto più dolce e selvatico. Camminando lungo i sentieri di campagna o tra i muretti assolati, basta allungare una mano per cogliere questi piccoli frutti neri e lucenti, scrigni di zucchero e ricordi.

La raccolta delle more non è solo un gesto agricolo, ma un rito antico, quasi infantile. Si parte con un cestino (spesso si torna con le mani piene e il cestino mezzo vuoto), ci si punge tra i rami spinosi, si sceglie con cura solo le more mature — quelle che si staccano con un soffio — e si assapora il silenzio interrotto solo dal canto delle cicale.

Ogni mora racconta una storia di sole e pioggia, di lentezza e pazienza. E ogni estate, ritornare tra i rovi è come tornare a casa, nel cuore verde della natura, dove il tempo si ferma per un attimo e tutto profuma di infanzia.


[ SiteLink : Il Mio Bel Paese ]

[ Tutte le immagini dell’articolo : Fotografie di Elisabetta Rosetti ]

2 risposte a “Elisabetta Rosetti – Il tempo delle more: profumo d’estate e dita macchiate di viola”

  1. Ricordi infantili i miei di povertà dove i pochi frutti che si assaporavano li regalava la natura: more, fragole, giuggiole, fichi dietro le concimaie ma anche albicocche, pesche queste…”espropriate” con incursioni pericolose in orti cintati e spesso “benedette” da scappellotti del proprietario che ci coglieva con le mani…sul frutto!

    Era la torrida padana di noi bambini di allora!

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    1. Le posso dire, Teresio, che anche a distanza di qualche decennio da questo “noi bambini di allora” anche noi bambini (ormai decisamente di allora) andavamo a cogliere soprattutto albicocche e ciliege nei giardini dei quartieri delle villette e pannocchie nei campi da fare arrostite sopra piccoli fuochi fatti in angoli nascosti del paese. Anche qui arrivavano scappellotti e girate di notevole ardore, questo quando sfortunatamente la fuga non andava a buon fine…però ne è valsa ogni ramanzina, sbaglio? 🙂

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